Aggiornamento sul Paro Nacional – 8 maggio 2021

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Come già evidenziato, le proteste di questi giorni in Colombia sono il risultato sia di uno contesto storicamente problematico, che di aspirazioni sociali frustrate durante l’attuale mandato governativo.

Al decimo giorno di manifestazioni, la comunità internazionale sta volgendo lo sguardo verso quanto sta succedendo in Colombia. Manifestazioni a New York, Berlino, Madrid e Bruxelles, la presa di posizione di Amnesty International, dell’Unione Europea (in special modo della Germania) e il puntuale incoraggiamento dell’ONU al dialogo, hanno ristretto gli spazi di manovra politica del presidente Ivan Duque.

Marce pacifiche di studenti e lavoratori, dall’Amazonia ai Caraibi, si uniscono per manifestare la necessità di un cambio di rotta politico. A Bogotà (1, 2, 3, 4, 5), Cali (1, 2, 3, 4), Pereira, Cartagena, Medellín, Caldas, Armenia, Ibaguè, sfilano le classi medie e povere, alle quali si uniscono i campesinos (1, 2), e le comunità indigene (1, 2). Ma la violenta reazione della polizia ha innescato un’escalation degli scontri, molti CAI (le stazioni di polizia decentrate) sono stati dati alle fiamme (1, 2), sono aumentati i saccheggi in diverse città (a Cali, Bogotá, Santa Marta, Cienaga), e le forze dell’ordine hanno dovuto affrontare manifestanti agguerriti (come a Pasto e Medellín). La polizia e il Centro Democratico (il partito al potere) mettono in risalto gli episodi di violenza contro la popolazione e gli uniformati (1, 2, 3), e i casi di collaborazione con i manifestanti (1, 2), ma preoccupanti testimonianze da Bogotà riferiscono di scontri in varie parti della città (1, 2), soprusi su civili inermi (1, 2, 3, 4, 5) e generale intolleranza verso le forze dell’ordine, che ha introdotto nuovi mezzi antisommossa (1, 2, 3).

Le testimonianze di vittime civili per conflitti con arma da fuoco con la polizia sono molteplici in tutta la Colombia, a Ibaguè, a Pasto, a Bogotà, (1, 2), ma soprattutto Cali (1, 2, 3, 4, 5, 6), dove gli scontri sono continui e piú accesi (1, 2, 3, 4, 5), e non risparmiano il personale medico. Sono inoltre molteplici le accuse e le testimonianze di infiltrazioni delle forze dell’ordine, in borghese, accusate di fomentare il vandalismo e le violenze per poi poter attaccare la popolazione (1, 2, 3, 4, 5, 6). Degli episodi allarmanti, che tendono a confermare queste strategie, sono stati registrati e diffusi via social, specie a Cali (1, 2, 3, 4, 5, 6), dove sembra che l’Esercito sia intervenuto in soccorso dei manifestanti (1, 2), mentre riferiscono che alla Defensorìa del Pueblo sia stato intimato di non avvicinarsi.

La situazione è fuori controllo anche a Pereira, dove disordini e repressioni si sono susseguiti durante i giorni del Paro Nacional: da qua proviene uno dei nuovi simboli della protesta, Lucas Villa, colpito con 8 proiettili sotto un viadotto a Pereira, mentre tornava dalla manifestazione, in una azione non identificata sulla quale sta indagando la Fiscalía.

Dal canto loro, le autorità hanno arrestato il presunto omicida di Bryan Fernando Niño, 24 anni, centrato dai proiettili di un poliziotto durante le proteste, e hanno reiterato il proprio impegno nelle indagini sui restanti delitti, ma non è bastato per riappacificare gli animi.

La protesta ormai verte su tutti i fronti sociali, dagli antichi attriti coloniali, alla gestione del processo di pace, alla questione rurale ed urbana che finalmente confluiscono in una unica vertenza sociale, animata dalla volontà di partecipazione civile. Il presidente Duque appare incerto, tra la dichiarazione di Conmoción Interiór – che gli garantirebbe 3 mesi di totale controllo del potere – e il dialogo con le opposizioni e parti sociali, annunciato pubblicamente il 5 maggio.

Le aperture al dialogo di Duque non hanno però convinto i manifestanti, che dichiarano lo sciopero ad oltranza, e la popolazione si prepara per proteste di lunga durata: si organizzano così le difese, con prime linee organizzate, soccorsi e avvertimenti di rientrare per le ore notturne – le più pericolose – mentre i laser vengono utilizzati sia dai manifestanti, che dalla polizia, per evitare la registrazione dei video, mezzo rivelatosi decisivo nella comunicazione e nella verifica delle responsabilità. È da segnalare il gran lavoro fatto dalle ONG locali, sia in quanto organizzazione dei soccorsi che supporto legale: in questo si è distinta Temblores, che, tramite la piattaforma GRITA, al 7 maggio, ha raccolto prove e testimonianze su 1.773 casi di violenza da parte della polizia, tra i quali 37 morti e 936 detenzioni arbitrarie.

 

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