Colombia, adesso

[cherry_row]

[cherry_col size_md=”12″]

 Cali, 1 maggio 2021, foto: Wikipedia

 

Nonostante gli storici accordi di pace con le FARC nel 2016, la violenza in molti territori non è mai cessata: sono tutt’ora presenti 6 gruppi armati organizzati, ed altre 232 organizzazioni criminali, chiamate comunemente bacrim – da bandas criminales. Gli scontri per il controllo territoriale sono meno accesi, sono diminuiti i massacri e gli sfollamenti, ma la violenza è diventata piú selettiva, in modo da attirare meno l’attenzione internazionale ed evitare scontri con le forze armate: dal 2016, oltre 400 leaders sociali sono stati assassinati.

La Jurisdicion Especial para la Paz – JEP, il protocollo per il compimento degli accordi di pace con le FARC – è in crisi, data la palese opposizione da parte del presente governo di ultra destra, e le Nazioni Unite mostrano crescente preoccupazione per il rispetto dei trattati e la stabilità del paese.

La situazione pandemica in Colombia è grave, come nel resto dei paesi latinoamericani. A Bogotà ed in molte delle grandi città le unità intensive sono oltre la soglia di allarme. Le misure di chiusura per contrastare la diffusione del Covid 19 non sono state efficaci a causa della debolezza strutturale dell’economia del paese, inadeguata a sostenere la sospensione delle attività lavorative per un tempo prolungato.

Molte persone in Colombia vivono di rebusque (termine utilizzato per definire il lavoro informale che permette di vivere con quello che si guadagna giorno per giorno), secondo il DANE, il lavoro informale rappresenta il 48,7% del mercato occupazionale ed il 60% della popolazione vive in una situazione di povertà multidimensionale. Basti pensare che, ad aprile 2020, appena un mese dopo l’inizio della quarantena, si diffuse la campagna del “fazzoletto rosso” annodato fuori dalle finestre delle case, per segnalare gli indigenti. Il conto delle vittime di Covid19 è salito a 72.000 persone, esacerbando la crisi lavorativa e la povertà.

In questo contesto il governo Duque (eletto per il periodo 2018-2022), in forte crisi di consensi e reduce da molteplici proteste sociali (come lo sciopero universitario del 2018, le proteste del 2019 e del 2020, e la Minga indigena) ha iniziato il processo legislativo per il varo di alcune riforme molto contestate, tra le quali la riforma tributaria, che intende diminuire il reddito esente da tassazione, ed è accusata inoltre di aumentare la pressione fiscale in misura maggiore sui redditi medi, piuttosto che quelli alti. La risposta della popolazione è stata ampia e condivisa, dal 28 aprile numerose manifestazioni in tutto il paese hanno reclamato il ritiro delle riforme e maggiore partecipazione nelle decisioni. Cortei colorati, pieni di musica e balli hanno animato le strade, la protesta è stata in gran parte pacifica in tutto il paese, ma diversi episodi di vandalismo e saccheggi hanno esasperato la situazione, accendendo gli scontri con le forze dell’ordine, specie a Cali, la nuova capitale della protesta. Il bilancio attuale è ancora incerto, ma si parla di almeno 19 morti, 89 dispersi, e quasi un migliaio di feriti, la commissaria per i diritti umani dell’ONU, Ginebra Marta Hurtado, ha denunciato l’utilizzo di armi da fuoco sulla popolazione civile; la stessa ONU, in missione di verifica a Cali, è stata attaccata da parte delle forze di polizia.

La decisione di dispiegare le forze armate per il controllo delle città, il primo maggio, ha generato preoccupazione per il possibile uso incontrollato della forza sulla popolazione, ma risponde al leitmotiv  governativo sul mantenimento del controllo e della sicurezza, giustificato dalla forte polarizzazione sociale ereditata da oltre 50 anni di conflitto.

Le manifestazioni si susseguono negli altri centri maggiori, le proteste si convertono in scontri con la polizia a causa sia delle fazioni violente (con accuse di infiltrazioni criminali) che dei danni verso la proprietà pubblica e privata, motivazione spesso usata per legittimare l’uso sproporzionato della forza.

La riforma tributaria è stata momentaneamente ritirata, anche grazie all’appoggio dei camionisti allo sciopero, con minacce di bloccare ininterrottamente il paese. Ma le proteste continuano, alimentate dal crescente malcontento e dalla sproporzionata risposta delle forze dell’ordine, specie del gruppo dell’ESMAD, da tempo al centro di molte critiche.

In rete l’hashtag #SOSColombiaNosEstanMatando è in questo momento il primo twitter trending topic in Colombia, sorpassando il precedente #SOSColombia. Gli utenti riempiono i loro account di video e testimonianze degli scontri, si moltiplicano le denunce delle organizzazioni dei diritti umani.

Il Paro Nacional continua, ed oggi è prevista un’altra manifestazione, alimentando la preoccupazione per ulteriori scontri, la crescente ondata di contagi e la tenuta di una economia fragile, non in grado di sopportare il peso congiunto dello sciopero generale e della pandemia. #SOSCOLOMBIA

 

 

Autori:

Matteo Bellinzas e Lisa Presciani

[/cherry_col]

[/cherry_row]

Similar Posts