Pace e Diritti Umani


Contesto territoriale e attivitá


La missione di UPD é fomentare la reintegrazione dei diritti e delle condizioni basiche per una vita degna delle comunitá svantaggiate e vittime del conflitto in Colombia. La UPD appoggia il programma per la Pace attraverso il dialogo e l’empowerment degli attori, creazione di reti internazionali di appoggio e sensibilizzazione.


Conflitto e diritti umani in Colombia

Fonti: DANE, Desplazamiento forzado de los grupos étnicos en Colombia, Los orígenes, las dinámicas y el crecimiento del conflicto armado, Guerra y violencias en Colombia, Una Nación DesplazadaAmnesty International 2015Informe de la Alta Comisionada para los Derechos Humanos sobre la situación de los derechos humanos en Colombia 2013, Cuarto informe CIDH sobre la situación de derechos humanos en Colombia 2015, ONU, Consejo de Derechos Humanos, Informe de derechos humanos 2015

Storia del conflitto in Colombia

La guerra in Colombia è un fenomeno di lunga durata, intensità variabile e grande eterogeneità in tutta la sua violenza. In questo contesto si sono affrontate durante la maggior parte del tempo tre fazioni: i guerriglieri, le forze di sicurezza dello Stato e i gruppi paramilitari. L’interazione di questi gruppi con altre forme di attività criminale è complesso e data la natura mutevole dei conflitti armati, i suoi protagonisti e i loro contesti, si possono suddividere nella loro evoluzione quattro periodi. Il primo periodo (1958-1982) segna la transizione dalla violenza bipartisan alla violenza sovversiva, caratterizzata dalla proliferazione di guerriglie in contrasto con l’aumento della mobilitazione sociale e la marginalizzazione del conflitto armato. Il secondo periodo (1982-1996) si distingue per la proiezione politica, espansione territoriale e la crescita militare della guerriglia, l’emergere di gruppi paramilitari, la crisi e il crollo parziale dello stato, la nascita e la diffusione del traffico di droga, l’aumento e declino della guerra fredda con il posizionamento del traffico di droga nell’agenda globale, la nuova Costituzione del 1991 con i primi processi di pace e le riforme democratiche con risultati parziali e ambigui. Il terzo periodo (1996-2005) segna il risorgere di un rinnovato conflitto armato. Quest’ultimo é segnato dall’espansione simultanea dei guerriglieri e dei gruppi paramilitari, dalla crisi e ristrutturazione dello stato durante i conflitti armati e la radicalizzazione politica dell’opinione pubblica verso una soluzione militare al conflitto armato. La lotta contro il traffico di droga e il coinvolgimento con la lotta al terrorismo ha rinnovato la pressione internazionale alimentando i conflitti armati, insieme all’espansione del traffico di droga e ai cambiamenti organizzativi dei gruppi insurgenti. Il quarto periodo (2005-2012) segna la ripresa del conflitto armato. Si distingue per un’offensiva militare dello Stato che ha raggiunto un ampio grado di efficacia nell’azione della controinsurrezione, indebolendo ma non sconfiggendo i guerriglieri che si riorganizzarono  militarmente.

Parallelamente fallí la negoziazione politica con i gruppi paramilitari, a causa del loro riarmo e dalla riorganizzazione interna delle cellule altamente frammentate, mutevoli, coinvolte nelle attivitá di narcotraffico, piú pragmatiche nelle attivitá criminali e in aperto contrasto allo stato.

Il principale antecedente a cui possiamo rifarci é all’inizio degli anni 90, quando due dei principali gruppi guerriglieri, le Farc e ELN si allontanarono dai processi di pace dell’epoca, che comunque riuscirono a negoziare la demobilizzazione di altri gruppi armati. Tra il 1991 e il 1994, a causa della perdita delle risorse dovuta alla fine della guerra fredda e dello spazio politico che offrivano gli accordi di pace, questi gruppi si ristrutturarono. Questo processo implicó cambi nelle fonti di finanziamento delle operazioni della guerriglia, delle forme di operazione ed organizzazione, dell’arsenale militare e della copertura territoriale. In relazione a  quest’ultima, durante la prima parte degli anni 90, i gruppi guerriglieri aumentarono e allargarono le proprie attivitá fino a territori come los llanos orientales, la costa pacifica e alcune zone isolate delle valli andine. Nonostante l’espansione territoriale, non si osservó un aumento della violenza in questi anni. La maggioranza delle zone isolate, marginali e meno densamente popolate del paese si convertirono negli anni successivi nel territorio principale delle attivitá militari. Non fu una coincidenza che in queste zone si concentrasse la maggior parte delle coltivazioni di piante per ottenere narcotici, in particolare coca e papavero da oppio.

A partire dal 1996 si presentó un cambio significativo nella dinamica del conflitto, in gran parte come risultato degli effetti del periodo anteriore, in cui i gruppi guerriglieri e paramilitari crebbero e si rafforzarono. Come risultato ci fu un incremento importante sia sotto il punto di vista dell’intensitá del conflitto sia per quanto riguarda la frequenza dei combattimenti ed attacchi, con un crescente coinvolgimento della popolazione civile.

La prima grande offensiva del periodo fu intrapresa dalle Farc, a metá del 1996, momento in cui si osserva un aumento dei combattimenti e delle azioni militari unilaterali. Nonostante lo sforzo della guerriglia per passare ad una guerra di movimento politico, la violenza del conflitto non sfoció in guerra aperta e si continuarono le azioni unilaterali. Durante il suo periodo di auge militare, le FARC riuscirono ad acquisire abbastanza peso politico in modo da aprire un negoziato con il governo Pastrana mentre le negoziazioni vennero portate avanti nel mezzo di un intensificazione senza precedenti della guerra.

L’ELN, da parte sua, contribuí significativamente all’escalation del conflitto durante il suo momento di recrudescenza. Le azioni unilaterali di questo gruppo aumentarono velocemente a partire dall’anno 2000, dovute a una strategia offensiva che aveva come obiettivo fare pressioni sull’abbandono di quattro municipi nel sud del Bolivar. L’offensiva fallí, provocando un forte rifiuto nazionale ed internazionale per i sequestri di massa realizzati tra Aprile 1999 e Febbraio 2000 e le perdite negli scontri militari di Barrancabermeja e dei Farallones di Cali finirono per segnare il declino strategico di questa organizzazione.

I gruppi paramilitari, già presenti nel conflitto nei primi anni ’90, stavano attraversando un periodo di organizzazione. Durante la seconda metà degli anni Novanta, in molte regioni del paese, esistevano diverse organizzazioni paramilitari con strutture gerarchiche complesse, dotate di capacità logistiche e competenze professionali nell’ambito criminale: da quella associata al traffico di droga, alle attivitá di protezione, strozzinaggio e alla violenza selettiva. Nell’aprile 1997, le Forze di Autodifesa di Córdoba e Urabá, quelle della Magdalena Medio e quelle dei Llanos Orientales si unirono per formare le Forze Unite di Autodifesa della Colombia (AUC). Il processo di alleanza tra i diversi gruppi paramilitari creó una federazione di gruppi regionali che si sono definiti come “organizzazioni contro-guerriglia ed alleati dello Stato nella sua lotta contro gli insorti “.

Sotto queste premesse definirono un piano di espansione territoriale ed utilizzarono la  strategia della violenza che aumentó in modo significativo l’intensità del conflitto, in particolare la vittimizzazione della popolazione civile. Inoltre, dal 2000, questa federazione di paramilitari ha aumentato notevolmente il numero di combattimenti con i guerriglieri, acquisendo tratti da controinsurgenza, talvolta complementare e talvolta sostitutiva, della strategia difensiva delle forze statali.

In relazione all’espansione territoriale delle AUC, il principale epicentro di attivitá é stato nel nord del paese, dove si sono impegnati nella costruzione di un corridoio anti-sovversivo, che va dal confine con Panama (giungla di Darien) fino ai confini con il Venezuela, e passa attraverso il nord di Antioquia, Córdoba, Bolivar, Magdalena Medio e Cesar. Dopo essersi stabiliti nei Santaderes (zona che comprende i dipartimenti di Santander e del Norte de Santander) , l’espansione paramilitare proseguí verso est, cercando il controllo del dipartimento di Arauca. Un altro asse di espansione del progetto AUC è stato verso il sud-ovest del paese, che aveva le sue principali aree d’influenza al nord del Valle e Bajo Putumayo, assi da cui si dispiegavano le attivitá fin attraverso il Valle, Cauca, Nariño, Putumayo e parte di Huila.
L’espansione paramilitare tra il 1997 e il 2002 ha avuto diversi impatti sui principali gruppi di ribelli, con l’ELN che ne risultó indebolito.

Dall’inizio del 2003 al 2005 gli eventi di conflitto furono stagnanti. Poi, tra la metà del 2005 e la metà del 2006,  diminuirono sostanzialmente. Questa diminuzione fu probabilmente dovuta alla spinta verso il sud che  le forze militari  misero in atto con il pretesto di inseguire i leader delle FARC, evento che conosciuto come il “Plan Patriota”. L’ effetto di questo piano provocó una diminuzione sostanziale sia delle  morti dei combattenti che quelle dei civili, dopo i drammatici livelli di violenza raggiunti all’inizio del decennio.

Alla fine del 2006, si registró un improvviso aumento delle morti civili in parte dovute alla registrazione dei resti delle fosse comuni, molte delle quali sono state ritrovate come il prodotto delle confessioni libere degli ex-comandanti paramilitari nel quadro della Legge sulla Giustizia e la Pace.
Nel frattempo, le forze statali con il sostegno politico del governo, per mezzo di in un grande sforzo fiscale e del rinnovato sostegno del governo degli Stati Uniti (rappresentato nel proseguimento del Piano Colombia e come parte del suo programma di assistenza militare) modernizzarono le loro attrezzature e si passó da 145.000 combattenti alla fine degli anni ’90 a 431.253 nel gennaio 2009.

Questi cambiamenti valsero allo Stato un significativo recupero dei territori e anche una migliore efficienza nel combattimento, indebolendo i gruppi insorti e preparando le condizioni favorevoli agli accordi di pace, che presero il via il 19 novembre 2012 a l’Havana.

Rifugiati 

Nel contesto della violenza contemporanea in Colombia, più di sei milioni di persone sono state costrette a spostarsi all’interno e all’esterno del territorio nazionale, abbandonando le loro case,  terre e territori, le proprietà, le proprie tradizioni, comunità ed abitudini. Più di sei milioni di persone sono state costrette ad emigrare in cerca di protezione o rifugio. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), la Colombia è diventata il paese d’origine del maggior numero di richiedenti asilo nelle Americhe, con circa quattrocento mila persone.

La Colombia ha uno dei più alti livelli di disuguaglianza nel possesso delle terre rurali, e circa il 10% della popolazione del paese è stato sfollato a causa della violenza. Secondo le informazioni fornite dallo Stato, a partire dal 1 ° luglio 2015, il RUV ha registrato un totale di 6.300.422 vittime di spostamenti interni forzati, di cui 61.772 persone sono state incluse nel registro durante la prima metà del 2015. D’altra parte occorre rilevare che, secondo le statistiche del Centro per il monitoraggio delle persone sfollate internamente (IDMC), nel 2013 la Colombia ha registrato 137.200 nuovi sfollati. Queste cifre posizionano la Colombia come il secondo paese al mondo con il maggior numero di sfollati interni.

La violenza del conflitto armato non è l’unica causa di spostamento interno forzato in Colombia. La violenza legata alla droga, i conflitti territoriali, le fumigazioni delle colture illecite, le azioni contro l’eradicazione manuale delle colture, la violenza socio-economica, i megaprogetti e l’industria agricola sono alcune delle cause di violenza con annessi tassi elevati di spostamenti forzati registrati nel paese.
Con riferimento alle minoranze etniche, i dipartimenti in cui l’espulsione di una popolazione appartenente a uno dei tre gruppi etnici colombiani (indigeni, afro-discendenti e ROM) è più evidente sono Vaupés, Guainía e Amazonas a causa della forte espulsione di popoli indigeni e del Chocó, Valle del Cauca, Nariño e Cordoba per quanto riguarda gli afro-discendenti.

In un paese con un problema agrario persistente, con una storia segnata da un difficile accesso alla terra, circa 8,3 milioni di ettari sono stati devastati o abbandonati forzatamente. Nel 99 per cento dei comuni colombiani si sono verificati casi di espulsione. In termini di ritorno e di trasferimento, lo Stato ha riferito che al 2014 il 78,6% delle famiglie avrebbe deciso di riprendere a vivere nei loro luoghi di residenza e ubicazione originarie o tornare al luogo da cui sono stati espulsi.

Risarcimento delle vittime

Secondo le stime ufficiali, circa otto milioni di ettari di terra sono stati abbandonati dai loro occupanti o sono stati sottratti loro durante il conflitto. Questo è stato particolarmente significativo nelle terre occupate dai contadini e nei territori  di proprietà collettiva di comunità indigene e afrocolombiane.

Il governo ha sottolineato i grandi sforzi nel processo di risarcimento delle vittime: nel 2015, delle 83.000 richieste di restituzione, ne sono state risolte 14.000. Inoltre  l’84% delle famiglie con un ordine di restituzione sono ritornati nella loro terra e nessun cittadino che è stato risarcito delle proprie terre è  stato nuovamente vittima di saccheggi. A questo proposito, a partire dal 20 novembre 2015, i giudici hanno pronunciato 1.453 giudizi restituendo un totale di 176.464 ettari. L’unità di restituzione della terra aveva ricevuto 77.893 domande di restituzione, di cui il 43% sarebbe ubicato nelle 404 aree abilitate per l’attuazione della politica di restituzione, a causa delle condizioni di sicurezza. Sul totale delle domande, il 56% dei procedimenti amministrativi sarebbe stato completato, di cui il 60% è stato registrato nel registro delle terre improprie e 8.000 sono stati depositati presso i giudici specializzati di restituzione di terreni. L’unitá ha emanato decisioni su 2.297 casi.

Tuttavia il CIDH  ha riferito che le reintegrazioni concesse dall’Unità delle vittime e le più di 900 sentenze di restituzione sono incorse in gravi ostacoli per il  raggiungimento della riparazione effettiva e che, anche se i giudici ei magistrati hanno tentato di accompagnare misure di accompagnamento e la formalizzazione con ordini volti a garantire l’accesso delle vittime ai diritti sociali, il rispetto di questi ordini è stato lento e complesso.

Composizione etnica

Secondo il censimento della popolazione, nel 2005 in Colombia risiedono 1.392.623 persone indigene che corrispondono al 3,43% della popolazione del paese; gli afro-colombiani sono 4.311.757 persone, il 10,62% del totale e i Rom o Gitani sono costituiti da 4.858 persone che rappresentano lo 0,01% della popolazione totale del paese, il che significa che la popolazione colombiana che è stata riconosciuta come appartenente ad un certo gruppo etnico corrisponde al 14,06% del totale.

La popolazione indigena è prevalentemente rurale rispetto a quella Afro-discendente e ROM. La maggior parte delle comunitá abita presso le riserve indigene: il DANE attesta  l’esistenza di 796 riserve ubicate  in 234 comuni e 27 dipartimenti. Alcune comunitá vivono nelle Parcialidades Indígenas (gruppo o insieme di famiglie indigene che si distinguono da altre comunità, indipendentemente dal fatto che non hanno titoli di proprietà o non possano legittimamente dimostrarla, o a causa dello scioglimento delle loro riserve, divise o dichiarate vacanti) aggiungendo che alcuni gruppi occupano territori senza essere riconosciuti, il che implica un isolamento e una maggiore vulnerabilità agli attacchi contro i loro diritti.

La popolazione Afro è composta da quattro gruppi: il gruppo situato nel Corridoio Pacifico (regione costiera occidentale), i gruppi dell’Arcipelago di San Andrés, Providencia e Santa Catalina, la comunità di San Basilio Palenque e quelle situate nei territori comunali o in le grandi città, che danno al gruppo una certa dispersione.
D’altra parte, gli zingari – ROM mantengono caratteristiche culturali differenziate e sono caratterizzate dal suo carattere urbano, essendo “occulti-occultati” nelle statistiche nazionali fino al censimento del 2005.

Per quanto riguarda distribuzione nei departamenti, vale la pena notare la complessità etnica della popolazione etnica, anche se per alcuni l’ubicazione di un gruppo è molto definita (per esempio i dipartimenti dove l’importanza della popolazione indigena è maggiore sono La Guajira , Cauca, Nariño e Córdoba, che rappresentano il 60% della popolazione indigena totale del paese).

Questo stesso fenomeno di concentrazione-dispersione è osservato nel caso della popolazione Afro, dove i dipartimenti della Valle del Cauca, Antioquía e Bolívar contano il 50,6% di concentrazione. Nel caso della popolazione ROM questa forma di distribuzione della concentrazione-dispersione diventa più estrema, in quanto l’85% della popolazione ROM totale si trova in Atlántico, Bolívar, Valle del Cauca e Bogotá DC, di cui solo Atlántico concentra il 40%.

Il processo di pace in Colombia

Fonti: Introducción a los procesos de paz, ABC del Acuerdo de Paz, Acuerdo final para la terminación del conflicto y la construcción de una paz estable y duradera, Oficina del Alto Comisionado para la Paz

Il processo di pace non è un momento univoco, ma un insieme di fasi nelle quali è necessario del tempo per consultare tutti gli attori interessati, in uno sforzo collettivo per raggiungere accordi che porteranno alla fine della situazione precedente dominata dalla violenza e dal confronto armato. L’attuazione del processo di pace richiede il dialogo e il consenso sugli accordi che sono stati creati per porre fine alla violenza fisica, attraverso questi accordi si avvia una nuova fase di progresso e di sviluppo che consente di identificare e superare le condizioni strutturali che hanno portato all’emergere del conflitto. All’interno del processo di pace, quindi, acquisiscono estrema importanza la fase di negoziazione e mediazione ei piani di monitoraggio e di valutazione per il rispetto di quanto concordato. In questo senso, ci sono “processi” che sono riusciti a materializzarsi e altri che hanno sviluppato solo le intenzioni ma hanno fallito nell’implementazione, proprio perché non sono stati in grado di attuare gli accordi, generando una grande frustrazione per il non rispetto delle aspettative create. L’avvio e lo sviluppo di un processo di pace è quindi una vera e propria avventura, una sfida importante piena di incertezze, ostacoli e possibilità.

Dialogo e accordi di pace

Il 19 novembre 2012  a L’Havana, Cuba, iniziarono i lavori del tavolo di negoziato tra le FARC e il governo della Colombia, un mese dopo che le parti tennero la prima sessione di colloqui in Norvegia. I primi accordi si siglarono nel maggio 2013, con un accordo parziale sullo sviluppo agricolo (uno dei sei punti della mappa concordata) e in novembre seguí un accordo parziale sulla partecipazione politica degli ex-guerriglieri.

Nel maggio 2014 si definí il terzo accordo parziale sulla soluzione del problema delle droghe illecite, mentre la discussione sulle vittime del conflitto inizió nel mese di luglio. Questo punto include tre temi: riparazione, verità e giustizia. Solo in dicembre inizió la prima tregua unilaterale ed indefinita delle FARC.
Nel marzo 2015 si istituí un accordo di sminamento congiunto tra militari e guerriglieri e il governo ordinó la sospensione di un mese dei bombardamenti sulle FARC. Tuttavia, la morte di 11 militari in un attacco delle FARC portó alla ripresa operazioni aeree governative, che uccisero 26 guerriglieri e decretarono la fine della tregua unilaterale e indefinita delle FARC.

A giugno continuarono i dialoghi e si stabilí la Commissione della Verità; a luglio le parti si avvicinarono di nuovo, con una nuova tregua unilaterale delle FARC e un’altra sospensione dei bombardamenti da parte del governo. Nel settembre 2015 venne presentata al Congresso della Repubblica l’Atto Legislativo per la Pace e nel mese di dicembre venne approvato il referendum per la Pace.
Nel gennaio 2016 il governo e le FARC concordarono che le Nazioni Unite avrebbero eseguito i lavori di verifica sul cessate il fuoco definitivo, in agosto il decreto che stabilisce il plebiscito venne firmato, ma in ottobre, con un margine ridotto, la popolazione votante respinse gli accordi. A novembre le parti sottoposero un nuovo accordo e a dicembre il Presidente Santos e il rappresentante FARC Rodrigo Londoño  firmarono la pace.

L’accordo di pace tra il governo e le FARC

L’accordo finale tra il governo della Colombia e le FARC è diviso in 6 punti principali, corrispondenti a diversi accordi tra le parti, che mirano a contribuire alle riforme necessarie per stabilire le basi di una pace stabile e duratura.
Il Punto 1 contiene l’accordo “Riforma integrale rurale”, che contribuirà alla trasformazione strutturale del settore agricolo, colmando la breccia cittá-campagna e creando condizioni di benessere e di buon vivere per la popolazione rurale. La “riforma rurale integrale” vuole integrare le regioni, contribuire ad eliminare la povertà, promuovere la parità e garantire il pieno godimento dei diritti dei cittadini.
Il Punto 2 contiene l’accordo “Partecipazione politica: apertura della democrazia per costruire la pace”. La costruzione della pace, passando per la fine del conflitto, richiede un allargamento democratico che permetterà l’emergere di nuove forze sulla scena politica, arricchendo il dibattito e la deliberazione circa i grandi problemi nazionali e, in tal modo, rafforzare il pluralismo e quindi la rappresentazione delle diverse visioni e interessi della società, con garanzie sufficienti per la partecipazione e l’inclusione politica. In particolare, l’attuazione dell’accordo finale contribuirà ad una democrazia piú ampia e radicata che porterá alla consegna delle armi e la cessazione della violenza come metodo di azione politica per tutti, permettendo ai colombiani di vivere in uno scenario in cui prevale la democrazia, con tutte le garanzie per chi si occupa di politica e quindi di aprire nuovi spazi per la partecipazione.

Il Punto 3 contiene l’accordo “Cessate il fuoco e le ostilità bilaterali e definitive ed abbandono delle armi”, che ha come obiettivo il termine definitivo delle azioni offensive tra le forze di sicurezza e le FARC-EP, e in generale la fine delle ostilità tramite le azioni previste dalle norme che regolano il cessate il fuoco, compresi gli effetti sulla popolazione, creando quindi le condizioni per l’avvio dell’attuazione dell’accordo finale e la resa delle armi, per preparare le istituzioni e il paese alla reincorporazione delle FARC-EP nella vita civile. L’accordo contiene il “Ripristino delle FARC-EP alla vita civile – economica, sociale, e politica – a seconda dei loro interessi”. Gettare le basi per la costruzione di una pace stabile e duratura richiede il ripristino efficace della vita sociale, economica e politica delle FARC-EP nel paese. Il ripristino conferma l’impegno delle FARC-EP per chiudere il capitolo del conflitto interno per diventare un attore democratico e contribuire in modo decisivo al consolidamento della convivenza pacifica, la non ripetizione e la trasformazione delle condizioni che hanno permesso la persistenza della violenza nel territorio. Questo punto include anche l’accordo su “Garanzie di sicurezza e lotta contro le organizzazioni criminali responsabili di omicidi o massacri o assalti dei difensori dei diritti umani, movimenti sociali o movimenti politici, incluse le organizzazioni criminali designate come successori del paramilitarismo e le loro reti di sostegno, nonché il perseguimento di condotta criminale che minaccia l’attuazione degli accordi e la costruzione della pace “. A tal fine, l’accordo prevede misure come il Patto Politico Nazionale, la Commissione Nazionale per le Garanzie di Sicurezza, l’Unità Speciale di Indagine, i corpi elitari della polizia nazionale, il sistema di sicurezza globale per l’esercizio della politica, il programma completo di sicurezza e protezione per le comunità e le organizzazioni nei territori e le misure per prevenire e combattere la corruzione.

Il Punto 4 contiene l’accordo “Soluzione al problema delle droghe illegali”. Per costruire la pace è necessario trovare una soluzione definitiva al problema delle droghe illecite, comprese le colture illecite e la produzione e la commercializzazione di narcotici. A tal fine viene promossa una nuova visione che offre un trattamento diverso e differenziato al fenomeno del consumo, al problema dell’uso illecito delle colture e alla criminalità organizzata associata al traffico di stupefacenti, garantendo un approccio generale, differenziato e di genere ai diritti umani e alla salute pubblica.

Il Punto 5 contiene “l’accordo sulle vittime”. Dall’incontro esplorativo del 2012, le parti hanno convenuto che la compensazione per le vittime dovrebbe essere al centro di ogni accordo. L’accordo crea il sistema integrale della verità, della giustizia, della riparazione e non ripetizione, che contribuisce alla lotta contro l’impunità, unendo meccanismi giudiziari per l’indagine e la punizione di gravi violazioni dei diritti umani e le gravi violazioni del diritto umanitario internazionale, con meccanismi extragiudiziali complementari che contribuiscono a chiarire la verità di ciò che è successo, alla ricerca dei dispersi e alla riparazione dei danni causati a individui, gruppi e interi territori. Il processo si avvale della Commissione per la Verità, la Coesistenza e non Ripetizione, il Nucleo speciale per la ricerca dei dispersi a causa del conflitto armato, il Tribunale speciale per la pace e le misure di riparazione complessiva per la costruzione della pace e le garanzie di non ripetizione.

Il Punto 6 contiene l’accordo “Meccanismi di attuazione e verifica”, che crea una “Commissione per il follow-up, l’impulso e la verifica dell’attuazione dell’accordo finale” composto dai rappresentanti del governo nazionale e delle FARC-EP ai fini di seguire i componenti dell’accordo e di verificarne la conformità, servire da esempio per la risoluzione delle controversie e di promuovere e seguire l’implementazione legislativa.

Supporto alle vittime del conflitto armato

La missione della UPD è promuovere la reintegrazione dei diritti e delle condizioni di base per una vita dignitosa alle comunità svantaggiate e alle vittime del conflitto in Colombia. L’UPD sostiene il programma della pace attraverso il dialogo e l’empowerment degli attori, la creazione di reti di supporto internazionali e la sensibilizzazione.

Obiettivo generale: Reintegrazione dei diritti e delle condizioni di base per una vita dignitosa alle comunità vittime del conflitto nel Caraibe Colombiano

Obiettivi specifici:

– Sostegno alle vittime del conflitto nel dipartamento del Magdalena attraverso la formazione per il loro empowerment;
– Sostegno al Programma di Pace Transizionale attraverso il dialogo e l’empowerment dei suoi attori;
– Creazione di reti per lo sviluppo di strategie di sostegno alla comunità;
– Sostegno alle ONG che si sono distinte nel loro impegno con le vittime del conflitto nella zona della costa del Caribe Colombiano.

Attivitá

Sostegno alle ONG che si sono distinte nel loro impegno con le vittime del conflitto nei costa del Caribe Colombiano

L’Unità di Pianificazione e Sviluppo (UPD) sostiene le ONG e le organizzazioni comunitarie nei loro sforzi per ottenere un equo e giusto sviluppo, in vista della riconciliazione e nel rispetto dei diritti umani. Per raggiungere la sua missione, l’UPD ha individuato alcune delle ONG che si sono distinte nella lotta per i diritti umani nei territori in cui lavorano, per sostenerle nelle loro attività.


Tra le comunità e le ONG sosteniamo:

Comunitá Wiwa di Gotzheyi, Kemakúmake e Wímake

Queste tre popolazioni sono legate storicamente, territorialmente e politicamente. Per quanto riguarda la loro composizione storica risalta il ruolo del leader ed autorità tradizionale: il Mamo Ramón Gil Barros, conosciuto come uno dei più rappresentativi e carismatici all’interno delle comunitá  indigene della Sierra, è stato il primo governatore della nuova organizzazione Gonawindúa Tayrona, Cabildo nel 1987 e attualmente rappresentante legale della Delegazione Wiwa. Sotto la sua guida inizió la migrazione di centinaia di famiglie Wiwa dal Cesar al lato settentrionale della Sierra, attraverso il dipartimento del Magdalena tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, consentendo la formazione di diverse popolazioni: Bunkuanguega (bacino del fiume Don Diego), Wímake, Kalabangaga, Kemakúmake e Gotzheyi (questi ultimi nel bacino del fiume Guachaca). Queste correnti migratorie si basano su una narrazione di rapporti interetnici e di ordine sulla territorialità della Sierra.

La popolazione del bacino del rio Guachaca, Kemakumake, è composta da 75 case tradizionali, due Unguma (case rituali e politiche di decisione) e due Ushui (centro rituale per le donne o le mogli dei mamos, sagas). È seguito da Wimake con 26 case tradizionali, una casa non tradizionale (mattone e tetto di zinco) due Unguma e due Ushui. Gotzheyi ha 20 case tradizionali, 8 case non tradizionali, due Unguma e due Ushui. Per quanto riguarda l’istruzione si distingue Gotzheyi, che ha nel suo territorio l’Istituto Distrettuale Etnoeducativo Zalemakú Sertuga, dove si insegnano i gradi dalla scuola materna alla secondaria di base (bachillerato). Questa istituzione è dotata di scuole materne e scuole elementari a Wimake e Kemakumake. Kemakumake e Gotzheyi dispongono di piccoli centri medici, mentre Wimake non dispone del servizio sanitario.

Gotzheyi e Kemakumake si trovano nell’ambito della giurisdizione politica della circoscrizione di Guamaka; Wimake de La Tagua, nel distretto comunale di Santa Marta, Magdalena.

Queste tre popolazioni hanno affrontato il conflitto armato in tutte le sue caratteristiche, poiché hanno cominciato a conformarsi a fine XXI secolo, quando i gruppi paramilitari consolidarono la loro presenza in questo settore della Sierra Nevada di Santa Marta.

Fundación para el Desarrollo Humano Comunitario (FUNDEHUMAC)

Fondata nel 2000, la sua missione è educare, promuovere e fornire sostegno umano specificamente in aree di forti violazioni socio-culturali, ambientali e politiche, aiutando la reintegrazione sociale delle comunità. FUNDEHUMAC in questi anni ha garantito alle comunità del Magdalena un’attenzione personalizzata, integrale e continua, senza alcuna discriminazione, facilitando l’accesso ai servizi di cui hanno bisogno, concedendo sempre un grande valore e rispetto alla dignità umana.

Tra i servizi sociali e il lavoro comunitario, FUNDEHUMAC prevede:

– Servizi di assistenza per persone in formazione e inserimento socio-lavorativo;

– Servizi per la cura dell’infanzia e della famiglia: prevenzione, diagnosi e trattamento per la protezione dei minori e il supporto familiare;

– Servizi di assistenza femminile: Informazioni e assistenza psico-sociale per le donne; assistenza sociale urgente per le donne vittime di violenza domestica;

– Insegnamento e inserimento socio-lavorativo: associazione di vittime e familiari dei gruppi sensibilizzati;

– Servizi di accoglienza e di assistenza sociale per sfollati e rifugiati;

– Servizi di colloqui e workshop che consentono ai piccoli imprenditori di formare e concretizzare i propri collaboratori negli obiettivi e nelle politiche di appoggio e di eseguire diagnosi in termini di abilità lavorative e sociali;

– Servizio guida e accompagnamento per coloro che vogliono essere imprenditori nella creazione dell’unità produttiva;

– Laboratori pedagogici: strategie per il gioco, attività manuali, ricreative e pedagogiche in modo da facilitare la trasmissione dei programmi;

– Incontri per i giovani: promuove un clima di gruppo per i giovani costruttori di pace in ogni regione, individuati per affrontare iniziative di pace e riconciliazione.

Redepaz

Redepaz è la Rete Nazionale delle Iniziative dei Cittadini per la Pace che articola le esperienze e le pratiche che molti agenti sociali sviluppano a dimensione locale, regionale e nazionale. La missione di Redepaz è quella di espandere e consolidare il movimento sociale per la Pace come iniziativa del potere cittadino, con senso politico, culturale ed etico per la rifondazione della Colombia. Sotto il principio di un’etica civica di rispetto per la vita e del trattamento pacifico dei conflitti, Redepaz si impegna a costruire una democrazia sociale ed economica che consenta l’accesso alla giustizia senza ricorrere alla guerra.

Redepaz articola processi come il Movimento Nazionale dei Costruttori di Pace, il Movimento delle Ragazze e dei Bambini per la Pace, la Rete Gioventù per il Disarmo, il Coordinamento Nazionale delle Assemblee Costituzionali Locali, le Mamme per il Movimento della Vita, e i Guardiani dei cittadini nel processo di riparazione integrale, tra gli altri.

Dalla sua nascita, Redepaz ha promosso in tutti i suoi spazi il riconoscimento e il rispetto delle donne e ha promosso la prospettiva di genere in tutti i suoi processi e progetti, come spazi inclusivi e orizzontali. Negli ultimi anni Redepaz ha assunto il compito di rafforzare e costruire un’area di lavoro denominata “Donne e Genere”, allo scopo di rendere l’impegno e la tenacia delle donne colombiane a costruire la pace ancora più visibile, riconoscendo la prospettiva di genere inclusiva e di assicurare loro il potere come soggetti politici egalitari, promuovendo e potenziando il peso della prospettiva di genere nelle politiche pubbliche locali, regionali e nazionali e promuovendo la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza l’ONU – le donne, la pace e la sicurezza.

Supporto alle vittime del conflitto nella Magdalena attraverso la formazione per il loro empowerment

Nell’ambito del programma di pace e diritti umani, l’UPD ha promosso la formazione di funzionari e volontari di diverse organizzazioni che lavorano in questo settore.

La formazione degli attori dello sviluppo si concentra sul rafforzamento delle competenze necessarie per la preparazione degli studi e la presentazione di proposte progettuali provenienti dal basso. Il rafforzamento delle capacità analitiche è essenziale per valutare il potenziale di sviluppo delle comunità analizzate, per comprendere i loro problemi e per identificare il miglior programma di sviluppo che possa beneficiare le comunità. In questo modo si può realizzare uno sviluppo partendo dal basso, analizzando i problemi delle comunità e generando un processo autonomo di identificazione e soluzione dei problemi.

La formazione delle ONG e delle organizzazioni comunitarie è necessaria per una collaborazione proficua nei progetti internazionali, dove i requisiti in termini di gestione del progetto, monitoraggio e valutazione sono molto rigidi.

Nell’ambito del programma “Formazione per lo sviluppo”, nel 2016 UPD ha fornito gratuitamente formazione per 9 studenti della facoltà di antropologia dell’Università di Magdalena e 11 funzionari di:

Associazione degli imprenditori del Magdalena (AEM), Fondazione Ecolega, Fondazione Pro-Sierra Nevada di Santa Marta, SENA, Casa Indegena Santa Marta, Fondazione Raices Italo-Colombianas, FUNDEHUMAC.

Programma di supporto al Processo di Pace Transizionale attraverso il dialogo e la responsabilizzazione dei suoi attori

Il Fondo de Justicia Transicional

è un programma di promozione della convivenza, uno sforzo congiunto tra le istituzioni colombiane e gli attori della cooperazione internazionale per favorire il processo sulla verità, giustizia, riparazione e riconciliazione. In base a tale obiettivo il programma ha promosso un processo di rafforzamento dell’organizzazione territoriale delle vittime. Per il dipartimento del Magdalena, in questo processo hanno lavorato insieme organizzazioni come FUNDEHUMAC, Madri per la  vita, la Comunità Kemakumake Wiwa e l’Unità di Pianificazione e di Sviluppo (UPD) tra i partner della comunità internazionale che compongono la squadra.

Il Fondo Transizionale di Giustizia utilizza diversi approcci: si concentra sulle vittime e sui loro diritti (verità, giustizia, riparazione, garanzie di non ripetizione), volto a rafforzare le capacità nazionali e regionali, la disincentivazione dell’uso della violenza e la promozione dei cambiamenti culturali degli ex-combattenti smobilitati e al reinserimento nella comunità con la prospettiva della riconciliazione di tutta la societá.

Obiettivo Generale

Promuovere le capacità nazionali e territoriali per il rafforzamento istituzionale, la costruzione della pace e la promozione della coesistenza e della riconciliazione, con particolare attenzione al sistema giudiziario, al rispetto dei diritti umani e ai diritti delle vittime

Obiettivi Specifici

Rafforzare le capacità nazionali e territoriali per costruire una coesistenza pacifica basata sul riconoscimento dei diritti umani, il ripristino dei diritti delle vittime e la promozione della reintegrazione sociale, economica e culturale della popolazione de-mobilizzata con un approccio comunitario e differenziale. Con l’accento sui meccanismi di giustizia transizionale, essa mira a rafforzare il sistema giudiziario colombiano in modo da garantire i diritti alla verità, alla giustizia e alla riparazione delle vittime e contribuisce alla costruzione della pace e della riconciliazione in Colombia.

Linee tematiche

– Rafforzamento delle organizzazioni delle vittime

– Rafforzare le capacità sociali e istituzionali e la gestione delle conoscenze

– Recupero della memoria storica

– Accesso alla giustizia

– Comunicazione e visibilità dei diritti delle vittime

– Inclusione, reintegrazione e rafforzamento del tessuto sociale in contesti di conflitto, transizione o post-conflitto

Implementazione delle attivitá

Per implementare le attivitá menzionate, è stato promosso uno spazio di lavoro con le vittime della violenza per la redazione di un documento di proposte delle organizzazioni delle vittime e / o per l’accompagnamento delle vittime in vista della promozione dei processi territoriali di costruzione della pace.

Gli argomenti discussi furono gli 8 assi tematici della Legge 1448

Desaparecidos

Risultati con le istituzioni: brigate mobili per redigere le dichiarazioni sulle persone scomparse;

Contributi: Accompagnamento alle vittime nei luoghi stabiliti, sensibilizzazione dei casi nei comuni;

Protezione, autoprotezione

Seminari e corsi di Fundehumac, REDEPAZ, UNDP.

Violenza sessuale nel conflitto armato

Seminari e corsi di Fundehumac, REDEPAZ, UNDP.

Gestione e esecuzione del progetto

Gestione: Aziende agricole, creazione di un centro psicosociale per le vittime con dipendenti formati, cantieri produttivi, allevamenti di maiali, progetti produttivi.

Terra e territori

Attività di socializzazione dell’Unitá di Restituzione delle Terre per dichiarazioni e iscrizione al processo di restituzione della terra

Leadership

Seminari e corsi di Fundehumac, REDEPAZ, UNDP.

Veedurias (commisioni della veritá) cittadine

Formazione sui diritti dei cittadini

Migrazione forzata

Risultati: Aiuti umanitari, gestione del reddito, imprenditorialità, rafforzamento delle imprese e sovvenzioni per alloggi, formazione delle vittime in diverse aree;

Contributi: conversione di attori in leader, moltiplicatori e consiglieri nei processi di migrazione forzata, sostegno ai parenti (attenzione psicologica)

Dal 2009, abbiamo lavorato per l’accompagnamento degli sfollati interni e dal 2011, con le vittime della violenza. Da questa data sono state tenute sei riunioni tripartite tra le vittime, le comunità indigene, le istituzioni e le entità internazionali. Sono stati stipulati accordi comuni per il lavoro a favore delle vittime della violenza nei territori di Santa Marta, Cienaga, Aracataca, Fundación e Zona Bananera.

Networking per lo sviluppo di strategie di supporto alla comunità

Unità di Pianificazione e Sviluppo sostiene le strategie di riconciliazione e di compensazione sviluppate nel processo di pace e lavora per sensibilizzare e ampliare il sostegno istituzionale alle attività consolidate. Per raggiungere una più ampia convergenza di interessi per l’attuazione di strategie condivise, l’UPD è legata ad altre istituzioni presenti nel territorio.

In questo contesto, l’UPD sostiene le attività dell’Unidad para las Victimas nel suo lavoro con le ONG nel Magdalena. L’Unità delle vittime ha come approccio strategico ridurre la distanza tra lo Stato e le vittime attraverso un coordinamento efficiente delle azioni di trasformazione che promuovono l’effettiva partecipazione delle vittime al loro processo di riparazione.

Il sistema nazionale di apprendimento (SENA) offre formazione gratuita a milioni di colombiani che beneficiano di programmi tecnici, tecnologici e complementari incentrati sullo sviluppo economico, tecnologico e sociale. Il SENA è un’istituzione fondamentale per la formazione tecnica delle comunità colpite dal conflitto, soprattutto nelle zone rurali.

L’Associazione degli Imprenditori del Magdalena (AEM)

è un’iniziativa del settore produttivo privato che cerca di unire gli sforzi tra i principali 45 gruppi economici della regione, per lo sviluppo del territorio del Magdalena e del distretto di Santa Marta. Le attività dell’AEM si concentrano sulla promozione di una maggiore competitività del sistema economico dipartimentale, per aumentare il capitale umano e generare nuove opportunità economiche nel territorio.

La Resistenza di Cali

Publicado en 14 maggio 2021 por Matteo BellinzasDerechos Humanos

Fonte della foto: Tembolres ONG “Guardia, forza! per la mia razza, per la mia terra!”, è uno dei nuovi slogan simbolo della rivolta sociale riesplosa in Colombia: l’inno della Guardia Indigena del Cauca viene cantato non piú solo a Cali, ma nel resto del paese e a Bogotà. La Guardia Indigena del Cauca (la Minga

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Aggiornamento sul Paro Nacional – 8 maggio 2021

Publicado en 8 maggio 2021 por Matteo BellinzasDerechos Humanos

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Colombia, adesso

Publicado en 5 maggio 2021 por Matteo BellinzasDerechos Humanos

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Historia del conflicto y contexto humanitario en el Caribe colombiano


Departamentos de Atlántico, Bolívar, La Guajira, Magdalena


Historia del conflicto y contexto humanitario

Fuentes: Atlántico: Informe Departamental de Hechos Victimizantes a 2012, ACNUR, Plan de Desarrollo del Atlantico

Historia del conflicto armado en el departamento del Atlantico

La presencia de las guerrillas en el departamento comienza en la década de los ochenta con el ELN, en municipios del sur, como Repelón y Luruaco, que se encuentran en la ribera del canal del Dique. Así mismo, este grupo subversivo se asentó en los municipios de Piojó (centro) y Tubará, (norte), ubicadas sobre la cadena montañosa.

Por su parte, las Farc incursionaron en 1999 y ocuparon zonas que habían sido controladas por el ELN. Hicieron presencia el bloque Caribe de la Farc, la Red Urbana José Antequera (RUJA) en el área metropolitana de Barranquilla y los municipios aledaños como Soledad y Malambo. De acuerdo con documentos realizados por el Observatorio de Derechos Humanos del Programa Presidencial de DDHH y DIH, este proceso de conformación de milicias comenzó hace cerca de dos décadas y entre las actividades que desarrollaron estuvo el adoctrinamiento político y la comisión de acciones contra miembros de la Fuerza Pública, ataques contra la infraestructura económica de la ciudad e imposiciones obligatorias a comerciantes, industriales y familias adineradas. A la RUJA, se le atribuye la realización de actos de terrorismo, como la colocación de artefactos explosivos. La presencia de las FARC era a nivel regional, por lo tanto las acciones de los frentes 19, 35 y 37 afectaron tanto al Atlántico como a Magdalena y Bolívar.

Con respecto a las autodefensas y después de las bandas criminales emergentes, su presencia en el departamento se puede subdividir en dos periodos: en el primero – 2000 a 2006 – se hicieron presencia y se consolidaron los grupos de autodefensas en particular el bloque Norte, en el segundo (2006-2007) se presenció la desmovilización de dicho bloque y la aparición de bandas criminales dedicadas al narcotráfico, que entran en abierta confrontación con los grupos guerrilleros que hacen presencia en el departamento. Las autodefensas aparecen en el departamento en el año 2000, con la incursión del bloque Norte: desde su implantación realizaron las mal llamadas limpiezas sociales, asesinaron a quienes ellos consideraban contraventores de la ley y a pobladores de la calle, participaron en la conformación de empresas privadas de seguridad y en la organización de grupos de prestamistas en la modalidad de presta y paga-diario, en barrios humildes de la ciudad de Barranquilla, específicamente al suroriente y suroccidente que limitan con el municipio de Soledad; lo mismo ocurrió en Malambo y Puerto Colombia. La actividad de las AUC estaría especialmente dirigida contra la población desplazada y las regiones de las sabanas de la Costa Atlántica, organizaciones sindicales, comunitarias y sociales, algunos ediles, miembros de juntas de acción comunal, docentes, periodistas, defensores de derechos humanos que han sido manifiesta y sistemáticamente señalados y estigmatizados como colaboradores de la insurgencia y, en consecuencia, amenazados. Las autodefensas lucharon permanentemente por manejar la zona rural del departamento, así como las entradas y salidas de Barranquilla con la creación de un anillo perimetral sobre el Área Metropolitana, con lo cual buscaban debilitar el accionar de las milicias guerrilleras y de los frentes (19, 35 y 37) de las FARC, con presencia en Barranquilla, Soledad y Malambo; por otra parte, pretendían consolidar su dominio en un sector donde está proyectado el paso del gasoducto binacional Colombia –Venezuela. El dominio de la región pasaba también por el dominio de los corredores de movilidad y acceso a las sabanas de la costa norte y por la Ciénaga del Torno y Caño Clarín, departamento de Magdalena, de la Sierra Nevada de Santa Marta. En desarrollo de esta estrategia, bordearon el río Magdalena e ingresaron por municipios como Ponedera, Soledad, Sabanagrande, Malambo, Santo Tomás y Palmar de Varela, con el fin de rodear a Barranquilla. Por la parte noroccidental del departamento, estos grupos hicieron presencia en municipios como Tubará, Galapa, Juan de Acosta y Puerto Colombia. Otros de las zonas utilizadas por las autodefensas fueron los municipios de Sitionuevo, Remolino y Salamina, ubicados en la ribera oriental del Magdalena, donde las AUC ejercieron un fuerte dominio y control político y social. Durante el tiempo que el bloque Norte de las AUC estuvo activo en el departamento y por causa de su permanente disputa con las FARC y el ELN, quienes más resultaron afectados fueron los defensores de derechos humanos, los líderes y miembros sindicales y sociales, así como los dirigentes y activistas de los partidos políticos de izquierda, quienes fueron objeto de acciones de retaliación, con las que pretendían “debilitar” a la guerrilla, también hostigaron a algunos desplazados, a quienes tildaban de colaboradores de la subversión. Muchos de estos ciudadanos debieron desplazarse por primera y segunda vez de sus lugares de residencia. Con la firma del acuerdo de Santa fe de Ralito en julio de 2003, promovido por el Gobierno nacional, comenzó el proceso de desmovilización de las AUC en todo el país.

Las autoridades departamentales coinciden en señalar que hacia junio de 2006 aparecieron bandas criminales, integradas por narcotraficantes, delincuentes comunes, por no desmovilizados y por algunos desmovilizados del bloque Norte de las AUC, frentes Tomás Felipe Guillen y Resistencia Tayrona, que empezaron a delinquir en los departamentos de Magdalena y Atlántico. Estas estructuras delincuenciales tienen entre sus objetivos retomar el control del narcotráfico (zonas de cultivo en el Magdalena y sur de Bolívar, rutas de ingreso y salida al mar y manejo de carreteras en el Atlántico, entre otras), apropiarse del negocio del presta-paga diario e intentar interferir en la política local. Estas bandas criminales tomaron el nombre genérico de Águilas Negras y empezaron a actuar en el sur de Barranquilla y en los municipios ribereños de Soledad, Malambo, Santo Tomás, Palmar de Varela y Ponedera, los cuales estuvieron bajo la influencia del bloque Norte. El intento de consolidación de estas estructuras armadas también ha afectado a las poblaciones cercanas a la carretera de la Cordialidad (Luruaco, Sabanalarga, Baranoa y Galapa).

Desplazados

El departamento del Atlántico ha tenido en términos de desplazamiento un comportamiento históricamente receptor, debido a la condición de puerto industrial y comercial de su capital departamental. En el Atlantico las personas que declaran estatus de desplazado han crecido fuertemente a partir del año 1999 y alcanzando el máximo histórico en el 2001, año en el que se registran 19.659 personas. Como capital del departamento Barranquilla es la ciudad en la que históricamente se han presentado el mayor número de declaraciones: durante el periodo 2004-2011 se declararon 9.208 personas en promedio anual en el departamento y el 63% de las declaraciones se presentaron en la capital departamental. El análisis de la pirámide poblacional del departamento de Atlántico permite observar que la mayoría de las víctimas son mujeres entre los 24 y 35 años de edad, mientras las niñas y adolescentes – mujeres entre los 0 y 17 años – representan cerca del 32% de las mujeres víctimas que declararon en el departamento. De la misma manera, el departamento presenta una alta proporción de mujeres y hombres de la tercera edad – mayores de 60 años – víctimas de desplazamiento forzado, lo cual refuerza la alta dependencia económica al interior de los hogares.

Se observa que los hechos victimizantes más difundidos en el departamento son homicidio, secuestro y desaparición forzada. También se destaca inmediatamente la preponderancia de Barranquilla en las ocurrencias, siendo éste el lugar de mayor victimización en todos los tipos de hechos.

Mujeres

La tasa de mujeres valoradas por violencia de pareja es de 173,71 por cada 100.000 habitantes, mientras la tasa de mujeres valoradas por presunto delito sexual ha venido en aumento en los últimos cuatro años, en el 2011 este indicador se mantenía en 37,63 mujeres valoradas por cada 100.000 habitantes, mientras que en el 2014 la cifra aumentó a 40,13 por cada 100.000 habitantes, lo que refleja en definitiva que este tipo de violencia se incrementó en 6,6%. Durante el 2015 se presentaron 12 feminicidios en el Atlántico.

Composición étnica de la población

La población local no es homogénea en su contenido estructural pues coexisten en su interior etnias con legados de importancia cultural.

Entre las poblaciones indígenas locales se encuentran los Mokanás, que devienen de los primitivos pueblos indígenas asentados en el norte del país y se distribuyeron por zonas, muchas de las cuales aún conservan su nombre ancestral, como Tubará, Usiacurí, Piojó, Galapa, Malambo y Baranoa, entre otras. Los asentamientos indígenas se ubicaron en su mitad septentrional con epicentros en los  municipios ya mencionados y en Suan, en el extremo sur, asentamiento ya extinguido.

En el Departamento del Atlántico la población afrocolombiana se estima en 227.251 habitantes con una representación del 10.84% sobre el total de 2.112.001 en el año 2005 (el último censo del DANE). En  cuanto al porcentaje nacional, corresponde al  5.3% sobre el total de la población en Colombia en el año 2005.

Otros grupos étnicos en el departamento están constituidos por la comunidad “ROM” (gitanos romaníes) ubicados en el municipio de Sabanalarga, los Ingas y los Zenúes.

Historia del conflicto y contexto humanitario

Fuentes: Bolívar: Informe Departamental de Hechos Victimizantes a 2012, Plan de Desarrollo Bolivar, Presentación Dossier Unesco

Historia del conflicto armado en el departamento del Bolívar

El Departamento de Bolívar ha sido golpeado drásticamente por el conflicto armado, si bien en los últimos años hubo una disminución importante de los índices de violaciones derechos humanos que alcanzaron niveles alarmantes a finales de la década de los años noventa.En los años 70 inician las primeras incursiones guerrilleras al departamento de Bolívar, estas ingresan en el Sur del Departamento con el Ejército de Liberación Nacional, para posteriormente presentarse las FARC y una facción del ELN denominados Ejército Revolucionario del Pueblo (ERP),Ejército Popular de Liberación (EPL) y Renovación Socialista (CRS).

Los inicios de las conformaciones guerrilleras en el departamento se dan paralelamente en el momento de la lucha campesina por la distribución equitativa de la tierra. Estos grupos guerrilleros ejercieron control del Sur del Departamento a través del cobro de extorsiones a los potentados terratenientes y secuestros extorsivos, convirtiéndose en la fuerza de controlsocial y económico de la región. Ante esto, los potentados reaccionaron a los ataques guerrilleros recibiendo el apoyo de las autodefensas, por lo que las guerrillas terminaron reubicándose en las zonas de serranía como las de San Jacinto y los Montes de María, ya que su posición geográfica de corredor regional y de conexión con los departamentos de Magdalena, Sucre el Golfo de Morrosquillo, le permitieron la entrada de gran cantidad de armas y de más artefactos bélicos, y de sustancias de uso ilícito dirigidas al exterior.

En la década de los 90, el ELN consolidó su presencia en todo el Departamento, dominando el poder político y social; en la zona norte hizo presencia el Frente Jaime Bateman Cayón que pertenecía al Frente de Guerra Norte y su influencia se ejercía en los municipios de San Juan de Nepomuceno, San Jacinto y El Carmen de Bolívar. A finales de de la misma década el dominio de este Frente guerrillero decayó ante los constantes enfrentamientos con las Autodefensas Unidas de Colombia y la Fuerza Pública.

Por otro lado, la incursión de las Autodefensas Unidas de Colombia (AUC) en el departamento comenzóen la zona Sur, en el año 1997: los ataques de este grupo armado ilegal se dirigían a poblaciones que presuntamente colaboraban a las guerrillas,infligiendo masacres, homicidios selectivos y desplazamientos forzados en esa zona del departamento. En la región Norte el ingreso del grupo paramilitar se inició a través de la conformación de grupos privados de seguridad para proteger los intereses particulares de unos cuantos terratenientes ante los ataques de los grupos guerrilleros. De acuerdo con los informes de la Defensoría del Pueblo “La conformación de grupos de autodefensas se inscribe en un proyecto de contrainsurgente, orientado a eliminar, desterrar y desaparecer cualquier expresión de la población encaminada a reivindicar y exigir al Estado el cumplimiento de sus derechosfundamentales, la entrega de tierras y la redistribución de los beneficios derivados de los modelos de desarrollo”.

Las autodefensas y el narcotráfico fue un factor de fortalecimiento y consolidación del accionar en el departamento: los narcotraficantes buscaban apoyo de las autodefensas con el fin de garantizar la seguridad de los corredores del tráfico de drogas, siendo uno de estos corredores estratégicos Cartagena-Golfo de Morrosquillo en donde se transportaba la droga hacia los mercados internacionales. Luego de los procesos de desmovilización de las AUC se evidencia en el departamento el accionar de grupos denominados “Águilas Negras” y “Los Paisas” que de acuerdo a los informes manifestados por la Fuerza Pública en diversos espacios son conformados por desmovilizados y no desmovilizados de las antiguas AUC como nuevos miembros producto del reclutamiento forzado.

De acuerdo al análisis presentado por el Batallón Antonio Nariño en el consejo de seguridad Departamental realizado en el mes de Junio del año 2015, estas Bandas Criminales que están al servicio del narcotráfico poseen una estructura jerárquica no centralizada que tienen alianzas en el surde Bolívar con los grupos guerrilleros de las FARC y ELN en lo corredores estratégicos que comunican los departamentos de Antioquia, Bolívar, Cesar y Magdalena. Su principal interés es efectuar control sobre el cultivo, comercialización y tráfico de drogas de uso ilícito y minería ilegal. Este control sobre estas actividades ilícitas es realizado mediante homicidios, amenazas a líderes sociales y representes de la comunidad, limitaciones al derecho a la locomoción, extorsiones, control de rutas, entre otros.

Estos grupos armados organizados post desmovilización de las AUC no son un fenómeno coyuntural, sino expresión del proceso de transformación de la violencia en Colombia, implicó cambios en la intensidad el uso de la violencia, en la organización de sus estructuras militares, en la lucha contrainsurgente y en la relación con otros grupos armados.

Desplazamiento

En el caso de Bolívar el Desplazamiento Forzado constituye el 92,33% del total de los hechos victimizantes ocurridos dentro del departamento, según cifras de la Unidad para la Atención y Reparación Integral a las Víctimas. Al igual que la cifra del número total de víctimas, Bolívar ocupa el segundo lugar a nivel nacional respecto al número de desplazamientos forzados, contando con 568.012 registros por este hecho victimizante a fecha 1 de marzo de 2016.

La mayoría de las víctimas de desplazamiento forzado son mujeres entre los 24 y 35 años de edad. Las niñas y adolescentes – mujeres entre los 0 y 17 años- representan cerca del 31% de las mujeres víctimas que declararon en el departamento. La proporción de niños y adolescentes en el total de víctimas masculinas declarantes en Bolívar es de cerca del 33%.

De las 278.821 víctimas, que han presentado declaración en el departamento durante el periodo de análisis, el 13% se autoreconocen como afrodescendientes, el 1% como indígenas; 209 personas registran autoreconocidos como gitanos y 198 personas como raizales del archipiélago de San Andrés, Providencia y Santa Catalina.

Pata los otros hechos victimizantes en Bolívar, la mayoría de esos se encuentran en la categoría “homicidio” que agrupa al 70% de los mismos, seguida por “desaparición forzada” que agrupa al 10%.

Los municipios más importantes, según el número de eventos ocurridos son: el Carmen de Bolívar, Cartagena, San Pablo, y San Jacinto. Estos cuatro municipios concentran entre el 30% y el 45% de las víctimas en cada uno de los hechos según el lugar de ocurrencia (con excepción de pérdida de bienes, que solo registra en Córdoba). Adicionalmente, el primer lugar, en cada tipo de hecho, se encuentra entre los tres primeros municipios mencionados.

Principales municipios y ciudades según lugar de residencia de la víctima

Victimas

De acuerdo con la Unidad para la Atención y Reparación Integral de las Víctimas (UARIV), el conflicto armado convierte a Bolívar en el segundo departamento con mayor número de víctimas a nivel nacional, equivalente a 590.081 personas.

Esta cifra indica que el 8% del total de las ocurrencias de hechos vicitimizantes en Colombia se han presentado en el Departamento de Bolívar, sólo superado por Antioquia, que en tamaño de su población, supera a Bolívar en más de cuatro millones de habitantes.

A partir de 1998 y hasta el año 2009 se presentó en el Departamento de Bolívar el mayor número de víctimas como consecuencia de la disputa territorial entre los grupos armados ilegales, especialmente en las zonas de los Montes de María y el Sur de Bolívar, que desencadenaron las masacres de Barranco de Loba (1998), San Pablo (1999), El Carmen de Bolívar (SALADO) (1999), Zambrano (1999), Las Palmas – San Jacinto (1999), El Salado (2000), Macayepo (2000) y Mampuján (2000) entre otras.

A partir del 2009 se presentó un descenso en las cifras tanto de víctimas de la violencia, como en las de desplazamiento forzado, que responde a su vez a la evolución del conflicto armado en la región: focalizando el análisis en los municipios del Departamento, excluyendo las cifras del Distrito de Cartagena, encontramos que más del 60% del total de la población víctima  está situada en los municipios que conforman los Zodes de los Montes de María y Magdalena Medio (Sur de Bolívar).

Mujeres

El conflicto armado ha afectado en mayor parte a las mujeres del departamento de Bolívar, generando una gran deuda social con este sector poblacional. Según el Plan de Acción Territorial para la atención y reparación a víctimas en Bolívar 2012 – 2015, se identificó que las mujeres son junto con las niñas y niños, las principales víctimas de la guerra. En este documento también se destaca que el uso de la violencia física, psicológica, y sexual en el marco del conflicto, como forma de control, es la primera causa de afectación a las mujeres y que las mujeres víctimas de la guerra están principalmente en el rango de edad 24 a 35 años.

De igual forma, las mujeres del departamento presentan social y económicamente mayor vulnerabilidad. De acuerdo con la información de La Gran Encuesta Integrada de Hogares del DANE para el departamento de Bolívar 2010, se observa que las personas que pertenecen a un hogar cuya jefatura es femenina, presentan mayores niveles de pobreza que los hogares donde el jefe del hogar es hombre. Es importante resaltar que el 76% de las mujeres jefas de hogar son solteras, separadas o viudas

Composición étnica

La población afro-descendiente en el departamento de Bolívar representa el 27.57% del total de sus habitantes (497.667 personas) según cifras del DANE.

Dentro de la población negra o afrocolombiana se pueden diferenciar cuatro grupos importantes: los que se ubican en el corredor del pacífico colombiano, los raizales del Archipiélago de San Andrés Providencia y Santa Catalina, la comunidad de San Basilio de Palenque y la población que reside en las cabeceras municipales o en las grandes ciudades.

La comunidad Palenque de San Basilio fue fundada por los esclavizados que se fugaron y se refugiaron en los palenques de la Costa norte de Colombia desde el siglo XV. De los numerosos palenques existentes en la Colonia, San Basilio es el único que ha permanecido hasta nuestros días librando permanentes batallas para conservar su identidad y sus elementos culturales propios. El aislamiento les ha permitido mantener la mayoría de las tradiciones culturales africanas en Colombia (música, prácticas médicas, organización social y ritos culturales) y aún más, han desarrollado una lengua criolla, mezcla del español con las lenguas africanas originarias (el palenquero). Debido a sus características únicas en su historia, formación, cultura y lengua, el Palenque ha sido declarado por la Unesco como Patrimonio Cultural Inmaterial de la Humanidad.

Historia del conflicto y contexto humanitario

Fuentes: Informe Socioeconómico Departamento de La Guajira, Informe Gobernación de La Guajira

Historia del conflicto armado en el departamento de La Guajira

Hoy La Guajira hace parte del sistema nacional de violencia, ya que el grado de organización que se concentra en ella, la presencia de grupos armados (guerrilla, paramilitares y delincuencia común organizada, especialmente en la frontera) denotan que no nos encontramos ante individuos anómicos, pobres sin rumbo como en el pasado, sino ante grupos profesionalizados en la violencia, que muestran recursos, planificación y alternativas para su desarrollo y reproducción.

La dinámica de la violencia guajira en el siglo XX no corresponde a la que se presentó en la mayoría de las regiones del país, lo cual es explicable por sus características geográficas y por la diversidad de culturas que se han establecido en el territorio. Durante años el control de las armas por parte del Estado ha sido bajo y por fuera del contexto de la realidad local. Sus habitantes, especialmente los wayuu, mantuvieron confrontaciones intraétnicas que se arreglaban mediante las compensaciones que operan en los sistemas de cultural y de derechos.

En este escenario son varias las características particulares que se presentan. Si bien en el seno de cualquier país pueden presentarse desigualdades mínimas entre una región y otra respecto del imperio de la ley, en La Guajira esta situación es dramática con relación al centro del país. Gran parte de los habitantes de la AltaGuajira, ocupada por grupos armados irregulares desde el 2002, como los de las áreas indígenas y campesinas de la Sierra Nevada, se han visto privados de derechos y libertades fundamentales.Sucesos como los hechos de violencia al pueblo indígena wiwa localizados en La Laguna, El Limón, Marokazo, Dudka y Potrerito, en agosto de 2002 y la masacre de Bahía Portete, ocurrida en el 2004, se dieron por fuera de su contexto convencionalmente justificatorio de lucha contra las FARC. Las áreas en donde se cometieron los hechos, hacen parte de los resguardos indígenas en donde no se encontraban poderosos hacendadosy ganaderos que alegaran tensiones agrarias acumuladas o supuestos abusos de la guerrilla.

En la cambiante trayectoria de las prácticas políticas en La Guajira desde el Frente Nacional (1958-1974) hasta hoy, los habitantes de este territorio han pasado del control de los entes públicos por parte de los grandes barones electorales, al predominio de las pequeñas y medianas empresas electorales, hasta el más reciente clientelismo armado. De esa manera, un sector poco asociado a las industrias criminales, como las empresas encargadas de prestar servicios, ha atraído el interés de miembros de organizaciones armadas por la sinergia entre oportunidades de invertir en corrupción y por el hecho de poseer, la suficiente capacidad de cooptación violenta para regular la asignación de contratos gubernamentales. Lo que para efectos de la administración pública nos muestra cómo aparatos coercitivos en lo local, pueden destruir la capacidad de regulación del nivel central y afectan por sobre costos y capturas de rentas la prestación de servicios públicos.

Desplazados

La Guajira no ha estado exenta al fenómeno del conflicto armado del país y al fenómeno humanitario del desplazamiento forzado. Según las estadísticas históricas de la oficina de Unidad de Victimas, desde que se comenzó a registrar el fenómeno desde 1985 señala que a 2014 el Departamento ha expulsado 116.360 ciudadanos, y ha recibido de otras regiones a 126.142 personas por este motivo. De acuerdo a los datos históricos, el desplazamiento fue un fenómeno poco notorio en La Guajira en la década de los 80 y 90, su auge se dio en la década del 2000 con máxima intensidad en los años 2002 a 2008, tendiendo a reducirse desde 2009 hasta la fecha, aunque aún se siguen presentado casos de desplazamiento forzado.

Las problemáticas generadas por el desplazamiento tienen diversos impactos en el desarrollo social de la región, los cuales están relacionados a procesos de adaptación e inclusión. En este sentido pueden haber situaciones de inasistencia escolar impidiendo lograr aprendizaje, educación y socialización, y a menudo llevar a acercarse a fenómenos de delincuencia u ociosidad: estas situaciones tienen injerencia en la calidad de vida, desencadenando problemáticas como desnutrición, desadaptación social y limitaciones en el desarrollo físico y psicosocial.

En el Departamento de La Guajira el 23,5% de los hogares cuenta con personas que se han visto en necesidad de desplazamiento en los últimos cuatro años, el promedio nacional es del 30,7%; el 9,2% de los hogares en condición de desplazamiento provienen de otros departamentos, en el 80,0% de los hogares donde residen desplazados en La Guajira provienen del mismodepartamento (81,2% promedio nacional).

Los Municipios con mayores receptores de población desplazada son Riohacha con el 43,8%, en segundo lugar San Juan del Cesar con el 17,5% y el tercero Dibulla con el 10,8%. De otro lado, los municipios en situación de expulsores está encabezado por: Riohacha con el 25,5%, en segundo lugar por Dibulla 23% y el tercer lugar por San Juan del Cesar con 21,8% del total de la población. El municipio con mayor concentración poblacional es Riohacha y el que ocupa el tercer puesto con mayores niveles de pobreza a nivel departamental según censo DANE.

Según la información consolidada en el RUPD152 la mayor parte de las personas que constituyen la población desplazada (40,9%), ha realizado estudios de primaria y un 13% estudios de secundaria, la proporción sin estudios formales es del 11,7%. Los bajos niveles de escolarización se pueden explicar en parte, por el efecto conjunto de dos factores: (i) la estructura demográfica que muestra una elevada proporción de población menor de 15 años (casi de la mitad del total, representando el 46%); (ii) los patrones de asistencia escolar en los lugares de origen, que muestran unas tasas medias o bajas, lo cual, se relaciona con el factor de extra-edad en la vinculación al sistema educativo, que es un fenómeno encontrado con mucha frecuencia en las poblaciones urbanas y rurales con dificultades socioeconómicas.

El problema del conflicto armado en Colombia es difícil de desarraigar. A 2011 los desmovilizados en La Guajira sumaron 213, por consiguiente desplazamiento sigue vigente, haciéndose pertinente el desarrollo de políticas sólidas y continuas de atención a la población; lamentablemente este fenómeno social de desplazamiento impacta diferentes escenarios del  Departamento, desarrollando pobreza, homicidios y vulnerabilidad social.

Asimismo, se conoce que en el Departamento los niveles de receptividad han aumentado, los procesos políticos organizados por las entidades nacionales como la desmovilización y capturas de cabecillas de grupos al margen de la ley, han generado la creación de nuevas bandas criminales en el país, factor que está originando mayor porcentaje de desplazamiento, elevando el grado de violencia y ocasionando mayores niveles de pobreza extrema.

Grupos étnicos

En el departamento de La Guajira viven más de 500.000 personas que pertenecen a varias culturas indígenas, árabe y criolla. El departamento de La Guajira cuenta con un aproximadamente porcentaje de población indígena de 22% a 61%, ubicados en los 11 municipios con resguardos indígenas (Riohacha, Uribia, Maicao, Dibulla, Distracción, Hato Nuevo, Manaure, San Juan del Cesar, Albania y Barrancas), donde cada uno tiene en promedio 26 resguardos.

Según el censo de población de 2005 DANE, el Departamento para este año tenía una población con la siguiente distribución étnica: Mestizos & blancos (47,58%) Amerindios o indígenas (44,94%) Negros o afrocolombianos (7,48%) .

Indigénas. Siempre se ha tenido la percepción de que los pueblos Kogui Wiwa, Arzarios, Arhuacos, Kankuamo en La Guajira son un grupo minoritario lo que ha conllevado a que la atención de los mismos haya quedado relegada a un segundo plano concentrándose el grueso en la atención en la población Wayuú que claramente es mayoritaria.

Mestizos o Criollos. La población colombiana actual es mayoritariamente de origen mestizo, siendo el aporte europeo casi exclusivo por parte paterna (más del 80% de los colombianos provienen de un europeo por vía paterna, mientras que el 85 % de los colombianos provienen de una indígena por vía materna). Según fuentes externas, los mestizos son el 58 % de la población colombiana

Blancos. En el último censo de 2005 los grupos étnicos clasificados fueron únicamente los gitanos, indígenas y negros, mientras que el resto de la población no es clasificada, por lo tanto el 86 % de la población colombiana es mestiza o blanca. Los mestizos se hallan prácticamente en todo el

Afrocolombianos. Con el arribo de los europeos a la península de La Guajira comenzó un proceso de contactos entre blancos y grupos indígenas que previamente se encontraban en la zona. Los empresarios perleros que llegaron a la costa occidental de La Guajira llevaron consigo esclavos, negros e indios, para emplearlos en labores de extracción de perlas, aunque también esclavizaron a nativos de la zona. Las duras condiciones de los esclavos propiciaron su deserción, motivando la interacción entre negros e indígenas en zonas apartadas de las rancherías perleras, donde convivieron con comunidades nativas no sometidas al control español.

Los árabes . En la década de 1880 se inició la inmigración Otomana a Colombia y a otros países de América como Argentina, Brasil, Estados Unidos, Cuba y México. En principio, los inmigrantes sirios, palestinos y libaneses se asentaron en ciudades del Caribe colombiano como Barranquilla, Santa Marta y el pueblo de Lorica, en el departamento de Córdoba. En la década de 1940 algunos de los inmigrantes, especialmente libaneses, comenzaron a trasladarse e instalarse en el municipio de Maicao, en La Guajira, fundado en 1927, pues constituía un corredor de distribución de mercancías hacia el interior de Colombia y Venezuela. La comunidad árabe libanesa de Maicao, La Guajira, presenta unas relaciones sociales de producción material y significación social que han configurado su propia episteme histórica, la cual está estrechamente ligada al vínculo transnacional que estableció con los pueblos de Baalul y Kemet, en el Líbano, lugares de origen de la mayoría de inmigrantes y con los que se establecieron sólidas redes migratorias. Por lo mencionado, la situación social y lingüística de esta comunidad de habla árabe se suma a la situación de las más de sesenta lenguas aborígenes que se hablan hoy en el país y a las dos lenguas criollas: el sanandresano y el palenquero, las cuales, en conjunto, configuran el panorama lingüístico colombiano de cara al Siglo XXI. La comunidad “árabe”, ha jugado un papel fundamental en la transformación económica y en las dinámicas del departamento, y actualmente ha llegado a ocupar roles importantes en el sistema político interno de la región.

Historia del conflicto y contexto humanitario

Fuentes: Los derechos humanos en el departamento de Magdalena, Magdalena: Informe Departamental de Hechos Victimizantes a 2012

Historia del conflicto armado en Magdalena

La aparición de los primeros frentes de las FARC en el departamento del Magdalena estuvo determinada por los lineamientos trazados en la VII conferencia de comandantes de la organización, llevada a cabo entre 1981 y 1982, en la que se enfatizó la importancia de los factores militares de la organización, razón por la cual se adoptó una estrategia de crecimiento orientada al desdoblamiento de los frentes ya existentes que se financiaría principalmente a partir de recursos provenientes de la coca. De esta forma las FARC hacen presencia en el departamento entre 1982 y 1983 a través del frente 19, creado inicialmente como parte de un corredor que une la ruta del sur del Cesar, pasando por Ocaña hacia la región del Catatumbo y el norte del Cesar hasta terminar en el Magdalena, entre la Ciénaga Grande y la Sierra Nevada de Santa Marta.

Posteriormente y de manera gradual, fueron creándose diferentes núcleos en el departamento, estableciéndose principalmente en las cuencas de los ríos Fundación, Piedras, Aracataca, Sevilla y Río Frío, afectando los municipios de Fundación, Ciénaga y Aracataca, a través de lo cual lograron fortalecerse mediante el cobro de impuestos y vacunas a los ganaderos y empresarios de la zona bananera y a los campesinos y agricultores de la parte montañosa de la Sierra Nevada.

El ELN hizo su aparición en el departamento en la primera mitad de los años 90 con la creación del frente “Francisco Javier Castaño”, también como respuesta a una política de desdoblamiento de frentes, trazada por la organización en la reunión nacional de héroes y mártires de Anorí en 1983.  A través de esta política, el ELN pasó de tener 3 frentes a principios de la década de los 80 a 46 en 1996.

Además de los municipios de Ciénaga y Fundación, entre los cuales se desplaza el este frente, el ELN creó núcleos en los años siguientes en los municipios de Pivijay, Remolino, Sitio Nuevo, Cerro de San Antonio, Ciénaga Grande y la zona limítrofe con el departamento del Atlántico, en los que opera a través del frente “Domingo Barrios”. La actividad militar del ELN en el departamento ha sido durante el periodo 1998 -2003 inferior a la de las FARC, lo cual puede deberse a factores tales como su dificultad para insertarse en la población y su debilidad ante fuerzas adversarias, que llevaron a la casi desaparición de la organización en el departamento de Córdoba y a una significativa disminución de sus acciones en los departamentos de Sucre y Guajira.

Al igual que en el caso de la guerrilla, las autodefensas en el departamento del Magdalena surgieron como estructuras para hacer frente a los grupos delincuenciales que aparecen como consecuencia de la “bonanza marimbera”.  Uno de los grupos más importantes se localizó en el municipio de Ciénaga, específicamente en el corregimiento cafetero de Palmor el cual se constituyó durante la bonanza en un importante lugar de paso para el comercio de marihuana, lo que llevó a un elevado crecimiento de la región y  a que muchas de las personas que se habían enriquecido de este comercio se quedaran en la región y adquirieran fincas.  En la segunda parte de la década de los 70, como respuesta a actividades de boleteo desarrolladas por un grupo proveniente de Planadas, Tolima, se había organizado ya una estructura denominada “defensa civil”, que más tarde como consecuencia de la fuerte inseguridad y de presiones de las FARC se organizara como una autodefensa. Esta organización fue la causante a mediados de la década de los 80 de innumerables muertes en el departamento, principalmente en Ciénaga, mientras que en este período se fortaleció prestando sus servicios a bananeros y ganaderos de la zona plana.  Sin embargo, a mediados de la década de los 90 las FARC lograron sacar a esta organización de Palmor. A partir de 1995 comenzó a operar en el Magdalena, así como en otros departamentos de la Costa Atlántica (Cesar, Bolívar y Sucre) el grupo de autodefensa liderado por Carlos Castaño en Córdoba y Antioquia, con lo cual se desató en la región una oleada de matanzas de campesinos.

En 2005 operaban en el departamento tres frentes que tenían injerencia en la casi totalidad del departamento, exceptuando las partes más altas de la Sierra Nevada, las cuales se han convertido en el principal frente de combate entre la guerrilla y autodefensas. Puede decirse que la función inicial de los paramilitares fue la de contener a los grupos guerrilleros, pero posteriormente ha sido también la de penetrar aquellas zonas en las que estos grupos cuentan con las fuentes de financiación más lucrativas y estables. Por esta razón a pesar de que la guerrilla había logrado ampliar su presencia en el departamento, perdió mucho terreno durante los años ‘2000 como consecuencia de las fuertes acciones de las autodefensas y el poder económico y militar de  estas al punto de controlar la casi totalidad del departamento, cobrar vacunas, imponer nombramientos de funcionarios y matar o amenazar a quien se les oponga.

Al realizar un análisis de los municipios del departamento con mayor intensidad del conflicto, encontramos que los de mayor actividad armada fueron en su orden: Ciénaga, Zona Bananera, Fundación, Santa Marta y Aracataca, todos estos pertenecientes tanto a la zona bananera como a la ecorregión de la Sierra, con excepción del Distrito Especial de Santa Marta, que sólo hace parte de la Sierra. La intensidad del conflicto llegó a sus puntos máximos en el 2002 en el caso del Distrito Especial de Santa Marta, y  en los años 2001 y 2002 permanecieron en sus niveles más altos desde 1998 para  el  total  de  las  acciones  armadas perpetradas en los municipios de Ciénaga y Zona Bananera.

Desplazamiento

El fenómeno del desplazamiento forzado en Magdalena se ha visto agudizado como consecuencia de la guerra entre autodefensas y guerrilla.  De igual forma, el conflicto que se presentó entre los grupos de autodefensas de Cuarenta y Hernán Giraldo, provocó en el año 2002 un desplazamiento sin precedentes, calculado en aproximadamente 11,000 personas.  Por esta razón el Director de la Red de Solidaridad dictó en ese año la Orden Humanitaria No.2, a través de la cual se dictaron acciones específicas a seguir para atender a quienes ya habían tenido que abandonar sus hogares y otras víctimas potenciales. En 2012 el número de personas expulsadas de su lugar de origen en el departamento ascendía a un valor cercano a los 45,200, siendo los principales municipios expulsores Fundación, Zona Bananera y Ciénaga.

Enfoque Diferencial

La relación entre sexo y rango etario de las víctimas de desplazamiento forzado se presenta, de manera conjunta, en la pirámide poblacional del departamento. La mayoría de las víctimas son mujeres entre los 24 y 35 años de edad. Las niñas y adolescentes – mujeres entre los 0 y 17 años- representan cerca del 32% de las mujeres víctimas que declararon en el departamento. La proporción de niños y adolescentes en el total de víctimas masculinas declarantes en Magdalena es de cerca del 36%.

Las series históricas de las personas que declaran en el departamento y se autoreconocen como pertenecientes a una minoría étnica permiten observar las tendencias de arribo al departamento de víctimas afrodescendientes, indígenas, Gitanos y Raizales. El comportamiento de la serie correspondiente a la minoría afro presenta una tendencia creciente que alcanza el máximo histórico en el 2008, cuando se registraron 6.254 víctimas declarantes en el departamento que se autoreconocen como afrodescendientes. Para el caso de la serie Gitano Rom se observa un comportamiento creciente con máximo histórico en el 2010 cuando se presentaron 42 personas declarantes. El máximo histórico de la serie indígenas corresponde al año 2007 con 631 declarantes. En tanto que, para la serie Raizal, el mayor número de víctimas alcanzado fue de 60 registradas en el 2009. De las 268.710 víctimas de desplazamiento forzado, que han presentado declaración en el departamento hasta el 2012, el 11% se autoreconocen como afrodescendientes, el 1% como indígenas; 175 personas registran autoreconocidas como gitanas y 156 personas como raizales del archipiélago de San Andrés, Providencia y Santa Catalina.

Se observa también que los hechos victimizantes que tienen una mayor incidencia en el número de víctimas afectadas son homicidio 77%, desaparición forzada 10% y secuestro 5%.

Indígenas

Particularmente grave es la situación que afrontan los grupos indígenas que habitan la Sierra Nevada de Santa Marta, los cuales ascienden a aproximadamente 30,000 miembros de cuatro comunidade: Arhuacos (44%), Kogui (30%), Kankuamo (21%) y Wiwa (5%).

Estos pueblos han sido desde la bonanza marimbera, y más aún durante los años 1996-2010 como consecuencia de la intensificación del conflicto, víctimas del fuego cruzado en la Sierra Nevada entre guerrilla, autodefensas y narcotraficantes. Así mismo, el traslado de la guerrilla hacia las partes más altas de la Sierra, como consecuencia de la presión de las autodefensas en las zonas planas, ha llevado a una desterritorialización de territorios sagrados y resguardos, para ser  utilizados por los grupos armados ilegales como zonas de refugio, como corredores para el tráfico de armas, drogas, contrabando y movilización de sus hombres y mujeres, y para ejercer desde allí el control de zonas económicas y militares. Según la Organización Nacional Indígena de Colombia, ONIC, entre junio de 2000 y octubre de 2002, 33 indígenas murieron en la Sierra Nevada de Santa Marta en “asesinatos selectivos” atribuidos a las FARC  y  a las AUC.